Sul finire del Cinquecento, nel Regnum di Napoli, nella congiuntura che vede forze centripete rappresentate da istituzioni nobiliari e togate in conflitto, i giureconsulti si mostrano spesso "ambigui", a metà strada fra mentalità vecchia e nuova, non palesano indirizzi condivisi, quindi non propongono canoni di giudizio univoci tali da fornire allo storico punti di riferimento inequivocabili circa gli orientamenti assunti ed il significato stesso del loro agire. Sullo sfondo permangono "spazi di giustizia alternativa" che persuadono i protagonisti della cultura giuridica a presentare l'arbitrato come fenomeno tendente ad attenuare i confini tra giustizia egemonica e negoziata e, perciò, tra giustizia pubblica e privata.