Le pagine, raccolte in questo libriccino, descrivono il tramonto, o la crisi, di un circolo logico, su cui riposa il moderno Stato di diritto. Dove: decidere la controversia, giudicare torto e ragione, applicare la legge, coincidono appieno, e l'uno sta per l'altro. Decidere la controversia è porvi termine, sciogliere dubbi di fatto e ambiguità interpretative, preferire una soluzione fra le molte possibili. Il decidere si appoggia sul giudicare; non nasce dal nulla, non è puro atto di volontà, ma risultato di un raffronto fra ciò che la legge ha previsto e ciò che è accaduto, tra antecipazione di ieri e realtà di oggi. In codesto raffronto risiede l'applicazione della legge. È famosa la proposizione del barone di Montesquieu, irrisa da zelanti o incolti novatori: "Mais les juges de la nation ne sont, comme nous avons dit, que la bouche qui prononce les paroles de la loi; des ètres inanimés, qui n'en peuvent modérer ni la force ni la rigueur" (Esprit des Lois, XI, chap. VI). Vi si esalta e garantisce la grandezza del giudizio legale, la relazione di coerenza e lealtà fra norma e decisione del caso concreto. Il giudizio, convertendo le "parole della legge" in "parole della sentenza", decide la controversia, in modo "inanimato", cioè oggettivo e impersonale. Il circolo logico, di che sopra si è discorso, assicura la calcolabilità delle decisioni giudiziarie, le quali dipendono dal paragone fra schema normativo e fatto concreto.