L'informazione personale «datificata», generata dagli utenti di processi e servizi digitali, costituisce la nuova ricchezza tipica dell'epoca del capitalismo dell'informazione. Le regole che nei sistemi occidentali stabiliscono condizioni e limiti per l'accesso all'informazione personale e per il suo utilizzo vengono tipicamente intese come presidio a tutela di diritti della persona e interessi sociali. Nello scenario del capitalismo dell'informazione tali regole governano però al tempo stesso l'appropriazione e la circolazione della ricchezza che l'informazione personale incorpora. Il diritto europeo si affida ad un articolato sistema di norme e Autorità di controllo che delinea un quadro caratterizzato da un elevato tasso di regolazione imperativa, quale proiezione della tutela del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali. Nel sistema statunitense, cui l'analisi è dedicata, invece, appaiono all'opera modelli giuridici essenzialmente privatistici che elevano il consenso individuale a criterio di legittimazione primario per la circolazione dei dati e l'appropriazione della relativa ricchezza e consegnano le tutele del soggetto principalmente al campo dei torts e del contract. L'analisi dei modelli statunitensi di governo dell'informazione personale sotto il profilo patrimoniale consente di illustrare quali logiche di disciplina e alternative interpretative essi prospettino e quale esito ne consegua sul piano distributivo.