Negli ambiti di programmazione universitaria si riduce sempre più lo spazio lasciato alla Storia, e nelle Facoltà giuridiche l'ambito delle materie storico-giuridiche, sul falso preconcetto della scarsa attitudine formatrice di queste materie. Per venire al diritto romano si lascia spazio, senza entusiasmo, alle Istituzioni (il diritto privato romano) e si tende a negarlo alla Storia, ossia al diritto pubblico romano e al sistema delle fonti, dimenticando, ad esempio, il grandioso edificio della giurisprudenza classica che ha elaborato proprio quegli archetipi ancestrali che rappresentano l'armamentario logico di cui si serve tuttora - spesso inconsciamente - il giurista "moderno", anche quando fa il comparatista (sincronico) o esamina istituti di derivazione anglosassone. Né farebbe male al processual-penalista guardare a quell'esperienza, tardo repubblicana, del sistema accusatorio delle quaestiones perpetuae. Si comprende che si debba studiare il diritto privato romano (le Istituzioni), ma non si comprende perché si debba tendere ad ignorare le fonti e i percorsi attraverso cui si giunse alla creazione di quegli istituti. Perché la Storia del diritto romano riguarda proprio lo studio del diritto pubblico e delle fonti di produzione del diritto nelle varie epoche della storia di Roma antica, dalle origini della civitas all'età giustiniana.