Hans Kelsen, nel 1938, nello sforzo di chiarire il contenuto della sua teoria pura del diritto, contrappose quest'ultima alla tradizione giuridica fondata sul diritto romano. Nella seconda emergerebbe una prospettiva del riconoscimento dei diritti alla persona rappresentativa di una trama individualistica di attribuzione di posizioni giuridiche soggettive. Questa profonda struttura del diritto romano e della tradizione giuridica su di esso fondata sarebbe, per lo studioso austriaco, conseguenza quasi inevitabile della prassi rispondente dei giuristi romani dell'età classica, orientata essenzialmente ad attribuire o negare alla parte richiedente la tutela in via di azione. Il meccanismo esclusivo di riconoscimento o di disconoscimento dell'azione al privato impediva, quindi, a detta di Kelsen, la ripulitura ed esclusione nei modelli valoriali di riconoscimento di attribuzione dei diritti alla persona dai profili etici e politici propri della società romana. Al contrario, invece, la reine Rechtslehre dallo stesso propugnata avrebbe la virtù di realizzare, nella sua purezza ed astrazione, un contenuto oggettivo ed universale, liberato da qualsiasi giudizio di valore di tipo etico e politico, rendendo possibile una precisa analisi strutturale del diritto positivo. La definitiva realizzazione di una Isolierung del diritto quale espressione di una sua presunta purezza.