Questa raccolta di scritti di studiosi di formazione culturale eterogenea muove da un duplice irriverente assunto: che il processo sia, di per sé, una "liturgia" amministrata - pur nella pacifica soggezione alla legge - nell'intimo del giudicante attraverso il suo libero convincimento e che le leggi somiglino sin troppo spesso a dadi con più facce, suscettibili di diverse e talvolta imprevedibili interpretazioni. Da qui, nella prospettiva di una giustizia predittiva, ancorché eventualmente solo ausiliaria, le parti si trovano a doversi cimentare nella lite consapevoli che l'esito potrà essere influenzato anche in applicazione di variabili «tutto» diverse da quelle che discendono dalle regole del processo e dall'interpretazione della legge: e cioè dalla normatività vettoriale dell'algoritmo utilizzato nell'esame del dataset difficilmente verificabile. Molteplici le implicazioni giuridiche su più livelli del discorso nella constatazione che il diritto era (ed è ancora) in ritardo.