Due aneddoti hanno un fondo reale. Quando Bartolo scrive di un cavaliere teutonico che viene in Italia e vede un italiano che porta il suo stesso blasone, si tratta probabilmente di un episodio reale. Ma poiché Bartolo nega che esistano strumenti legali che permettano al cavaliere di proibire il doppio uso di uno stemma, è improbabile che troveremo mai una documentazione di questo "caso concreto". L'altro esempio è quello dei mulini di Fabriano, dove sono prodotte le migliori carte, e delle filigrane lì utilizzate. Bartolo vede il significato di queste filigrane nella qualità del luogo, in particolare nella buona acqua, ma anche nella destrezza dei lavoratori. Ma a parte questo valore intrinseco del segno, le filigrane sono anche utili per identificare l'appartenenza di ogni carta a una certa bottega di Fabriano. Con questa finalità del segno la filigrana avrebbe più somiglianza con i marchi a fuoco apposti alle vacche. Bartolo indica questo marchio a fuoco come segno per identificare un animale nel suo Tractatus testimoniorum, redatto contemporaneamente al De insigniis et armis. I due esempi coprono i due aspetti centrali del trattato: blasoni e marchi di fabbrica.