È soprattutto grazie al diritto interno di matrice europea, ormai esteso a settori nevralgici del traffico negoziale, tra i quali - a tacere di molti altri - quello della vendita dei beni di consumo, che sta tornando d'attualità o almeno suona sempre meno re moto l'"aktionenrechtliches Denken" che fu proprio del mondo romano. Centrale, in quel diritto, tende infatti a essere l'approntamento di un adeguato apparato rimediale più che la strutturazione di variegate situazioni soggettive, che spetta poi all'interprete raccordare all'uno o all'altro dei mezzi processuali messi a disposizione dall'ordinamento al fine di sottrarle al limbo delle vuote declamazioni, conformemente a un modello di schietta derivazione pandettistica fino a ieri univocamente praticato. Di qui, e all'interno di una scienza giuridica consapevole del mutamento d'impostazione e desiderosa di affrancarsi dall'ipoteca rigorosamente sostanzialistica che per lungo tempo ne ha condizionato pesantemente l'operare, il rifiorire dell.interesse per le articolazioni anche processuali delle nuove tutele assicurate al singolo dalla legge. Interesse che, in seno alla cerchia dei giuristi dediti allo studio del diritto antico, ha ridestato l'attenzione per le dinamiche squisitamente processuali peculiari dell'esperienza romana. Come dimostra l'ampia silloge di scritti dedicati all'actio in rem e all.actio in personam che occupa i due tomi in cui si suddivide il volume ventesimo della collana.