Il giardino privato di una villa. Un prato spontaneo ai margini delle zone abitate. Un'isola verde tra i palazzi. La natura si mostra in varie forme, e passeggiando in centro o lungo un sentiero di campagna stiamo in fondo assistendo allo stesso spettacolo. Un albero piantato nel cortile di una scuola influisce con la sua presenza sulla flora di un'aiuola nel caos del traffico, i cui semi andranno a costituire la stupefacente varietà di un prato incolto, e la combinazione di questi elementi condizionerà silenziosamente anche il più inconsapevole osservatore. Viviamo immersi nella molteplicità botanica, eppure siamo così abituati a esserne circondati da non renderci conto del perfetto equilibrio tra gli elementi che è in grado di instaurarsi anche nella più piccola porzione di vegetazione. Antonio Perazzi torna all'origine del concetto stesso di giardino per esporre il suo manifesto botanico, con l'esperienza del paesaggista che è stato in grado di permettere alla natura di svilupparsi senza piegarla al volere dell'artefice. La simbiosi che si instaura tra noi, le piante e il giardino sublima la fatica della cura in un tripudio di varietà, in cui tutto trova il suo incastro e in cui il selvatico si riappropria dei suoi spazi. Rispettando queste regole possiamo allora osservare con stupore varietà esotiche di piccoli fiori preziosi che grazie a congiunzioni quasi miracolose - una mimosa che fa ombra, una begonia in vaso lì vicino - riescono a fiorire e invadere le fughe del selciato per una stagione. Piccole meraviglie che bisogna solo imparare a osservare. Dopo "Il paradiso è un giardino selvatico", Antonio Perazzi continua la sua ricerca botanica, addentrandosi stavolta nello studio delle potenzialità intrinseche del paesaggio, fra piante domestiche e arbusti selvatici, alla ricerca dei Giardini invisibili sotto i nostri occhi.