"La città che muore" ove tra caffè e sigarette viene scritto questo giro di esistenze. Dove antichi ritmi accompagnano una canzone fatta di parole soffocate dalla bellezza. La natura scolpisce il creato tenendo la civiltà in bilico su un pugno d'argilla. Finché la terra rimane asciutta l'uomo può continuare a stare in piedi. E la vita e la morte sono collegate da un ponte che i pellegrini percorrono a piedi verso la fine, vedono com'è fatta, e tornano indietro. Terra, carne e vino. L'acqua, garante di prosperità, è anche l'elemento della catastrofe. Contamina la terra che scivola via portando con sé vite e storie. Fra segni di ere geologiche, fatti di strati di materiali e colori diversi, è possibile scorgere i più intimi segreti dell'animo umano. Wilcock sapeva osservarli e lo faceva dall'unico posto che non ha pensieri.