Il ricamo narrativo de "Il diamante di Grado" pone al centro del suo ordito un albergo di lusso della città balneare di Grado, lambita da un antico fascino mitteleuropeo e immersa nel quieto tepore estivo. L'albergo appartiene all'anziana signora Zia, detta "Tante" per le sue origini austriache, circondata dai nipoti che formano una colorata galleria di tipi umani: Sabrina, sobria conduttrice radiofonica; Claudia, bellissima e amante del lusso; Markus, sportivo e dedito al gioco d'azzardo; Philipp, nipote adottivo e vero lume imprenditoriale della famiglia. L'hotel è anche testimone dell'incontro tra la Tante e l'ex commissario Vincenzo Salvati, che, ormai cieco, trascorre nell'isola una vacanza apparentemente serena insieme alla famiglia. L'atmosfera rarefatta della vicenda, scandita da una prosa limpida ed elegante, è squarciata da un colpo di scena: la Tante è stata aggredita e derubata del suo bene più grande, il preziosissimo diamante, eredità del defunto marito Walter. La donna, scampata alla morte, vuole evitare lo scandalo di un'inchiesta poliziesca e implora Salvati di tornare a rivestire, in via eccezionale, i panni dell'investigatore perché smascheri il colpevole che si annida nella sua famiglia. Dalle tenebre in cui è costretto, il commissario Salvati si erge a giudice impietoso e dirime in maniera perentoria l'enigma inquietante del Diamante di Grado.