A Roselle, antico insediamento etrusco nel cuore della maremma, lungo la strada che conduce agli scavi archeologici viene ritrovato il cadavere di Giulia Stambellini, chiacchierata esponente dell'alta società toscana, sposata con un ricco uomo d'affari. Da alcuni anni, essendo laureata in archeologia, si era offerta di collaborare alla catalogazione dei reperti rinvenuti nell'area. Le indagini assegnate al commissario Miccoli, della questura di Grosseto, si rivelano subito complesse poiché la vittima aveva fama di donna spregiudicata, le cui numerose relazioni erano oggetto di pettegolezzi continui. Ma è possibile che uno di questi sia l'assassino? Neppure l'ambito familiare di Giulia appare scevro da sospetti. Il marito, apparentemente rassegnato al comportamento disinibito di lei, ha intrecciato una relazione con la segretaria, suo unico alibi per il pomeriggio in cui Giulia è stata uccisa. Mauro, il giovane e introverso figlio della coppia, pare addirittura disinteressato alla sorte della madre: ma il suo movente? E ancora, il ritrovamento del cadavere vicino agli scavi non ha niente a che vedere con la sua morte? A tormentare il commissario il tatuaggio di Giulia, in corrispondenza dell'inguine, sul lato sinistro, che raffigura una donna etrusca e sotto la scritta Turan: la dea dell'amore. I suoi tre gatti, il caffè con acqua fredda, il cascinale dei nonni in cui vive, la passione per i cavalli nonché la determinazione con cui segue le indagini, fanno di Miccoli un protagonista brillante. Catalizzando l'attenzione su di lui, Armando Natale, come è dovere di ogni scrittore di gialli, confonde e depista.