Mario Canepa, un uomo di mezza età invecchiato prima del tempo, leggermente ingobbito di una magrezza rugosa e sofferta e con l'aria spaesata di chi sembra aver smarrito il bandolo della propria vita, rientra a Genova, a casa anche se una casa non ce l'ha più - dopo un lungo soggiorno in clinica a Bellinzona. Quando si presenta all'appuntamento con Bacci Pagano ha l'aria dimessa e veste con la trasandatezza che può permettersi chi da sempre appartiene alla comunità in cui vive. Si esprime in un italiano ricco e appropriato con marcato accento genovese. È timido e cortese, ma un fatto sconcerta Bacci Pagano: Mario Canepa è un uomo di colore. Figlio adottivo dei Canepa, è stato, dopo la morte del padre, titolare della "Mario Canepa & figlio", una ditta che importava caffè dal Corno d'Africa. "Ritrovi mio figlio dottor Pagano". Inizia così per Bacci un'inchiesta, forse la più velata di malinconia della sua carriera, nella quale il suo senso di giustizia, forse retaggio dei sogni e delle speranze della gioventù che credeva perduti per strada, lo spinge ad andare con determinazione oltre il proprio mandato, fino a risolvere un caso ben più oscuro e complesso del solo ritrovamento del giovane. Completano il libro altre quattro brevi inchieste di Bacci Pagano: "Bacci Pagano al Roger Cafè", "Bacci Pagano sul lago", "Bacci Pagano al ballo di Fontanigorda", "Gli uccelli di Pechino".