L'Ispettore Giorgio Gregòri è stato chiamato questa volta a risolvere il caso della morte del dottor Vitaliani Moshe, Funzionario del Ministero dell'Ambiente e Beni Culturali. Il cadavere del Funzionario, galleggiava nel Tevere a Roma e quando è stato ripescato, si presentava con un cappio intorno al collo e due blocchetti di cemento legati all'altra estremità della corda. Per tutti l'evidenza non lasciava alcun dubbio: suicidio. L'Ispettore Gregòri, con la sua capacità di osservazione e la sua caparbietà nel volere sempre vagliare tutte le possibili ipotesi, fino a giungere alla certezza dei fatti, formula alcune considerazioni che fanno sorgere il dubbio non solo a lui stesso, ma anche al Magistrato, che la verità forse non stava nell'apparenza. Perseguendo le sue ipotesi e avvalendosi come sempre anche della collaborazione dei suoi colleghi, Gregòri con prove schiaccianti riesce a convincere il Magistrato che quell'apparente suicidio altro non era che il delitto con il quale persone di poco scrupolo avevano inteso eliminare le prove che il dottor Vitaliani aveva scoperto sugli intrecci dei loro affari criminosi.