È una mattina di tempesta del febbraio 1928 quando il signor Ettore Schmitz sale sul piroscafo Venus per Venezia, fumando una delle sue «ultime sigarette». Il sogno di diventare uno scrittore con lo pseudonimo Italo Svevo gli ha già procurato troppe delusioni: i suoi tre romanzi non sono valsi una parola di lode, ma nemmeno la soddisfazione di un bel rosario di insulti. Ora, solo faccende serie: si occupa degli affari dell'azienda di vernici sottomarine della famiglia della moglie Livia, la Veneziani di Trieste. Ma la trasferta di lavoro a Murano è destinata a diventare presto qualcosa d'altro. L'affascinante passeggera bionda che Ettore vede sul ponte del piroscafo (chi è? gli sembra, anzi è certo, di conoscerla) non arriverà mai a destinazione. Strangolata e gettata in mare, l'unico indizio di un bigliettino lasciato a bordo e indirizzato a un certo Ettore Schmitz. È solo l'avvio di una spirale di misteri e altri delitti che sembrano portare proprio a lui, in una storia che ora prende e ora abbandona la forma del giallo, indugia sullo Schmitz/Svevo umano e sentimentale, gioca sulla realtà storica per costruire l'intrigo della finzione, e si rivela infine romanzo a tutto tondo, imbevuto di riferimenti e amore per la letteratura.