"Viaggio a Capo Granitola" inizia come un taccuino di viaggio che sceglie il disegno per raccontare e ricordare un luogo. Continua come un documentatissimo glossario del territorio, un gioco di specchi che moltiplica l'immagine iniziale dandole forme, colori e tagli prospettici diversi. Attraverso i filtri e le mediazioni di testi e scatti, l'autore stabilisce un'intertestualità che stimola l'immaginario con suggestioni legate a storia, archeologia, architettura, cartografia, toponomastica, economia, fotografia, cinema e tante altre discipline. Un sincretismo sinfonico che, anche attraverso la potenza evocativa dei ricordi personali, invita a una nuova forma di conoscenza del territorio, fra percorsi simbolici e topografie reali, in cui lo studio può diventare premessa di amore, garanzia di tutela. Che questo luogo sia poi Capo Granitola diventa quasi un dettaglio in un'opera il cui periplo trascende il localismo ed è capace di espandere un punto geografico per tutta la latitudine e la longitudine di un'isola la cui civiltà non finisce ma inizia nel mare. Un "breviario mediterraneo" che, alla sua scala, ha raccolto da Matvejevic, se non la lezione, almeno l'ispirazione.