La macchina fotografica per Vittorino Andreoli è un microscopio elettronico che permette di vedere nella natura e nell'uomo ciò che risulta nascosto, parte dell'invisibile. Attraverso i frammenti che Andreoli fotografa si percepisce una visione speciale della realtà. Immagini di una bellezza sconvolgente e di delicata inquietudine. Vittorino Andreoli negli ultimi dieci anni ha guardato con la sua Leica soltanto alberi, e soprattutto cortecce, e attraverso la metafora dell'albero storto in questi frammenti ha ripercorso l'umanesimo della follia. L'albero è la rappresentazione simbolica dell'uomo. Dal disegno di un albero si desumono alcuni tratti distintivi della personalità di un individuo. Quando si guarda all'attività di Vittorino Andreoli si ha l'impressione immediata che si dedichi a tante cose: è noto per i suoi saggi di psichiatria ma anche per i suoi romanzi. Egli sostiene invece di fare un unico mestiere, quello dell'antropologo della follia, e anche in questo libro fotografico la sua attenzione è tutta rivolta all'uomo che egli ritrova in un albero, e così il dolore si fa pianta.