Con il nome di Magna Grecia, Megale Hellàs, indichiamo i territori dell'Italia meridionale occupati, tra VIII e VII secolo a.C., da quei Greci che, spinti da motivi politici e/o economici, affrontano l'apoikìa, scelgono cioè di andare lontano da casa, per vivere meglio. È un mondo composito, un grande mosaico, dove i Greci, che si stabiliscono sempre lungo le coste, devono rapportarsi con le comunità locali che vivono nell'immediato entroterra, per affermare la propria identità, ma anche per interagire, per conoscere, per meglio sfruttare la nuova realtà territoriale. Quelle che chiamiamo, con un termine ormai superato, fondazioni «coloniali» diventano nel giro di due o tre generazioni città di tutto rispetto, in grado di costruire templi e monumenti, e di ben figurare anche nei grandi santuari panellenici. La produzione artigianale si rivela fin dalle prime fasi di vita di alto livello; è facile pensare che ai contingenti «coloniali» si siano uniti anche ceramisti e fabbri, in grado di portare avanti, nel nuovo mondo, un sapere tecnico che aveva già avuto una lunga sperimentazione.