La disciplina del dissesto finanziario degli enti locali è stata introdotta nel nostro ordinamento alla fine degli anni '80 del secolo scorso. L'intento del Legislatore era quello di prevedere una apposita procedura di risanamento di tipo concorsuale mediante la quale consentire agli enti locali in difficoltà finanziaria di garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili a favore della collettività amministrata, garantendo, al contempo, la par condicio creditorum e la tutela dei loro diritti. Nella costante ricerca di un giusto contemperamento fra tali contrapposti interessi, da allora l'istituto è stato interessato da una lunga ed ininterrotta sequela di interventi correttivi, al di fuori, però, di un disegno normativo coerente e sistematico. Inevitabilmente attratta dalla precarietà estrema che da sempre ne connota l'assetto normativo, l'attenzione dei commentatori che si sono occupati del dissesto degli enti locali si è prevalentemente appuntata sulle innovazioni legislative susseguitesi nel tempo, rimarcandone puntualmente il carattere asistematico e stratificato e l'esigenza permanentemente insoddisfatta di una stabilizzazione delle regole. Il presente contributo si fa carico, per la prima volta, di fornire una rappresentazione diacronica e sistematica dell'evoluzione degli orientamenti giurisprudenziali che da tale ordito normativo hanno tratto origine e che ne hanno accompagnato specularmente lo sviluppo. Ne è scaturita una ricostruzione completa ed analitica dei molteplici e mutevoli filoni ermeneutici - generati, in particolar modo, dalla giurisprudenza amministrativa - che si sono avvicendati ed intrecciati senza sosta nel corso degli anni producendo disorientamento ed incertezze fra gli operatori fino ad arrivare a pregiudicare, di fatto, l'implementazione in materia del canone cardine della par condicio creditorum.