La ricostruzione della disciplina dei limiti alla destinazione d'uso dei beni di proprietà esclusiva induce a una revisione critica dei diversi orientamenti esistenti. Dottrina e giurisprudenza trascurano il problema dell'opponibilità ai terzi dei vincoli e non individuano un solido fondamento alle tesi proposte. Si pongono in discussione alcune convinzioni tradizionali, quali la classica contrapposizione tra regolamento assembleare e contrattuale e la consueta resistenza ad ammettere l'imputazione di diritti e obblighi in capo al condomìnio. In questa prospettiva, non è da escludere che i vincoli di destinazione possano essere intesi sempre come un peso sull'immobile (servitù), pure se formulati in positivo, muovendo dalle facoltà dominicali spettanti al proprietario. Il riconoscimento di un certo grado di soggettività del condomìnio, argomentato anche dal dato comparatistico, è utile per proporre soluzioni in tema di trascrizione e di tutela dei diritti.