«Riuscire a pensare travalicando i confini nazionali e porsi coscientemente problemi sulla giustizia globale può rafforzare i canali che già esistono per migliorare la libertà umana e la giustizia sociale e può aprirne di nuovi al servizio di questa causa così importante». Amartya Sen propone in questo volume una sintesi potente e ragionata della riflessione sulla giustizia, riflessione che - a partire da quella che fu l'opera più importante della sua carriera, "L'idea di giustizia" - costituisce l'oggetto privilegiato dei suoi studi. Ponendosi sul versante opposto a quello dell'istituzionalismo trascendentale, Sen sceglie un approccio alternativo che trova i suoi riferimenti metodologici nel filone che va da Adam Smith a John Stuart Mill, passando per Jeremy Bentham e Karl Marx. Prende forma quindi una teoria della giustizia comparativa e non astratta (che non si concentra sull'isolamento di un modello ma analizza le istituzioni concrete e i comportamenti reali), relazionale e non utilitarista (che rifiuta la centralità del reddito optando per quella delle capacità), che si serve della scelta sociale come strumento di indagine, che valorizza le preferenze individuali e la loro pluralità eleggendo il confronto pubblico come loro spazio di dialogo.