Confrontandosi con alcuni tra i principali pensatori contemporanei (Foucault e Derrida, ma anche Husserl e Bateson), questo agile saggio mostra come la "follia" sia diventata, da esclusivo oggetto della psichiatria, un concetto filosofico in grado di porre questioni decisive grazie alle idee di "equilibrio instabile" e di "oscillazione". Il tema del "corpo", o dell'"altro" o del "gioco" rientrano a pieno titolo, per esempio, in questo confronto con una condizione umana che va al di là di una semplice alienazione mentale. Viene così riaperto un capitolo sull'importanza della follia come tratto soggettivo che appartiene a ciascuno di noi, e che non è confinabile nell'universo terapeutico. Queste pagine intendono così denunciare la palese chiusura culturale che caratterizza il nostro presente e rilanciare quel pensiero critico che la stessa filosofia, dopo averlo alimentato alla fine del secolo scorso, ha poi abbandonato a vantaggio di un pensiero unico della "normalità" fondato essenzialmente sul potere.