"Leggere le cinquanta pagine introduttive è chiedersi come un giovane da poco uscito d'università abbia potuto scrivere pagine di tanta assoluta intelligenza e lucidità storica; e come simile risultato si sia dato in una situazione politica e intellettuale di chiusura, di dimissione e irrigidimento": così nel 1977 Franco Fortini ebbe a scrivere dell'Introduzione di Renato Solmi a "Minima moralia", il capolavoro di Adorno pubblicato da Einaudi nel 1954 e tradotto dallo stesso Solmi. Operazione originalissima, l'Introduzione è tale alla lettera ma nel senso più ampio e inclusivo: in largo anticipo rispetto ad altre culture, non solo colloca il pensiero adorniano all'interno del dibattito novecentesco, ma ne discute categorie e movenze filosofiche specifiche (nel solco di "Dialettica dell'illuminismo") mettendole alla prova nella concreta cornice storica del tempo: saggio vero e proprio, quindi, che per questa ragione oggi si può leggere cogliendo l'autonomia e lo stile intellettuale con cui l'allievo seppe trattare il maestro, insieme delineando un lessico della "modernizzazione" che continua a proporci domande e rammentarci speranze, illusioni e inadempienze del nostro passato e del nostro presente.