Quando, sul finire del III secolo, Porfirio fece il suo ingresso nella scuola romana di Plotino, varcò la soglia di un luogo sacro, dove maestro e allievi conducevano una vita di rinunce e frugalità e tenevano viva la tradizione dell'antica Accademia nel nome di Socrate e Platone. Le Sentenze sono una delle testimonianze speculativamente più rilevanti del rapporto tra Plotino e il suo principale discepolo, che oltre a raccoglierne gli scritti in sei Enneadi e a tramandarne la biografia, sviluppò le tendenze etico-religiose del pensiero neoplatonico introducendovi elementi misterici di origine orientale. Scrive Porfirio: «Il mio discorso non si rivolge a coloro che si occupano delle arti manuali né a coloro che hanno abbracciato la vita degli affari. Si rivolge all'uomo che si è chiesto chi è, da dove viene, in quale direzione gli convenga affrettarsi». Le Sentenze vanno lette come un'opera di iniziazione: il loro scopo è liberare l'anima dalle passioni e dalla prigione del corpo così da consentirle di attingere l'"incorporeo", che non è solo il mondo delle idee nascosto dietro la realtà sensibile, ma è anche il nostro vero io celato dietro il velo delle apparenze.