Un nesso multiforme lega il giurista tedesco Carl Schmitt alla letteratura, alla critica letteraria e, più in generale, all'estetica. Da Hugo von Hofmannsthal all'artista Dada Hugo Ball, passando per i poeti Theodor Däubler e Konrad Weiss, fino ai pittori Emil Nolde, Werner Gilles e a tanti altri, Schmitt si confronta con molte delle personalità artistiche più significative della sua epoca. In opposizione all'ideologia conservatrice, il professore di diritto si rivela un pensatore eccentrico, rifiutando l'accusa di degenerazione mossa dal nazionalsocialismo all'arte contemporanea. È il terreno per una rilettura essenziale del suo testo del 1919 sul movimento romantico, troppo spesso trascurato. Indagando l'influenza che le Avanguardie artistiche esercitarono sul suo pensiero, l'autrice sottolinea come la riflessione di Schmitt su arte e letteratura non costituisca un elemento marginale, ma rappresenti il cuore stesso della sua posizione storico-politica. Emergono così questioni significative anche per il mondo contemporaneo: la mescolanza di estetica e politica rischia di alimentare sempre forme reazionarie, oppure è possibile trasformare positivamente quella relazione? E cosa può significare per la politica e per l'estetica?