In questo saggio stimolante e profondo, l'autore affronta tematiche cruciali relative alla progressiva erosione degli strumenti di pensiero, all'incapacità dell'umanità contemporanea nel dare significato al mondo e alla crescente difficoltà di immaginare un futuro. Il tutto si svolge in un contesto reso ancor più oscuro dalla pandemia, che ha agito come un acceleratore delle dinamiche di controllo sociale e ha segnato la fine della cultura liberale e dei suoi valori. L'autore mette in luce come questa crisi del senso sia preservata da un'egemonia culturale che manipola il linguaggio per soffocare qualsiasi forma di pensiero non conforme. La costruzione di un vocabolario del politically correct funge da difesa per il sistema, trasformando ogni dubbio in un presunto complotto. Al centro di tutto ciò c'è l'emergenza pandemica: il saggio delinea in modo eloquente come questa emergenza abbia spinto l'umanità verso il mondo digitale, minando le culture basate sulla corporeità e sulla presenza fisica.