«Con la presente scrittura intendo ricordare la figura di un maestro inimitabile, Enzo Melandri, nonché la sua opera monumentale La linea e il circolo, in cui ha indagato l'estremo limite del fare filosofico. Tale opera, per l'intento di fare i conti con tutta la storia del sapere, credo possa essere paragonata alla Fenomenologia dello Spirito di Hegel, pur avendo presupposti ed esito diversi, se non addirittura opposti. La pochezza di questo scritto - a mia discolpa, la voglia di filosofare, di continuare a dialogare con lui - ha fatto insorgere nello scrivente non poche perplessità, essendo la proporzione troppo sproporzionata. Se l'"improbabile lettore"- detto, questa volta, senza ipocrisia - dovesse farsi un'immagine del maestro da questo apprendista, potrebbe ricavarne un'idea in chiave minore, magari anche, spero non sia così, distorta. Ciò che mi ha consentito di procedere oltre la suddetta perplessità è stato, da una parte, il grande affetto che ancora gli porto e la constatazione che ci saranno sempre le sue opere a rettificare una tale eventuale impressione. Sono peraltro certo che nelle mie parole c'è qualcosa di lui. Certamente se non lo avessi frequentato, se non mi avesse onorato del suo affetto, non credo che mi sarebbe venuto appresso questo vizio di voler pensare le "cose ultime".»