In un gioco di attrazione e repulsione, la filosofia, nel corso del Novecento, ha variamente dialogato con la psicoanalisi, sia freudiana che lacaniana. Più che dialogare, o ipotizzare delle ibridazioni più o meno feconde, si tratterebbe però di accogliere la psicoanalisi in seno alla filosofia riconoscendone l'assoluta estraneità, prendendo cioè sul serio il fatto che la psicoanalisi è una "scienza senza sapere". In virtù di tale rispecchiamento nel suo altro, il sapere filosofico acquista la possibilità di vedere la macchia cieca che lo abita quando esso articola la questione della fondazione. In questo libro la posta in gioco è data proprio dalla necessità di un rilancio della fondazione trascendentale che mostri, nel suo farsi, il carattere infondato del gesto che interroga le condizioni di possibilità del pensabile.