Il male è l'enigma su cui ogni uomo è chiamato a interrogarsi e che esprime il fondo tragico dell'esistenza al di là delle consolanti risposte delle religioni rivelate. C'è nell'uomo, che Kant paragona a un legno storto, una innata e insopprimibile inclinazione alla malvagità che lo spinge ad allontanarsi dalla legge morale profondamente radicata nel suo cuore. La dottrina biblica del peccato originale, il "Tutti abbiamo peccato in Adamo" della Lettera ai Romani di Paolo di Tarso, vengono reinterpretati da Kant in chiave filosofica come espressione del limite, della fragilità, della finitezza dell'uomo. Nella filosofia della religione di Kant riecheggia l'inconsolabile lamento di Giobbe di fronte alla sofferenza del giusto: e proprio nella cifra di Giobbe si inscrive il senso più autentico della ricerca kantiana sul religioso e sul sacro.