La parola responsabilità sembra conoscere oggi una straordinaria (e un po' sospetta) fortuna, a quasi un secolo da Weber e grazie ad autori come Jonas e Apel. Si tratta tuttavia di fare i conti, da una parte, con la povertà semantica con cui essa ricorre a buon mercato nel linguaggio politico e dei media; dall'altra, con la pretesa di definirne una volta per tutte presunti "usi legittimi", in una sorta di delirio di analisi che nasconde una non meno scoraggiante vuotezza di senso. Sottraendo la nozione di responsabilità all'ambito della cosiddetta "etica applicata", questo libro cerca di ricostruire alcune fasi di una vicenda che si rivela paradossalmente legata, piuttosto, al destino dell'estetica moderna.