In Siria nel III secolo dopo Cristo, il filosofo neoplatonico Giamblico scrive un libro che è un inno e un'estrema difesa del politeismo pagano morente e lo intitola, in onore di Ermete Trismegisto, I Misteri dell'Egitto. Lo scrive per distruggere gli argomenti lanciati contro le pratiche della teurgìa, "la magia divina". Nulla è impossibile per l'uomo, egli afferma, se l'uomo sa comprendere l'arte di entrare in contatto con gli dei. I Misteri dell'Egitto diventa il "testo sacro" degli ultimi pensatori pagani: poi per più di mille anni scompare, cancellato dal trionfo del Cristianesimo. Verrà riscoperto da Marsilio Ficino nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, e dal quel momento sarà uno dei cardini del "pensiero magico" dell'Occidente, da Giordano Bruno fino ai giorni nostri.