Perché leggere e commentare sant'Agostino ancora ai nostri giorni, a distanza di diciassette secoli dalla sua vicenda umana di credente e pastore, di filosofo e retore convertito alla sequela di Cristo? La domanda che Balducci si poneva nel secolo scorso si ripresenta forse anche più pressante ora. Ma la risposta che egli dà può essere chiaramente quella che anche noi ci diamo: perché Agostino visse, lavorò su se stesso e lasciò lavorare in sé Dio, in un'epoca in cui tutto sembrava crollare. Un'epoca come la nostra, sottolinea nel suo illuminante commento Balducci. Un'epoca come la nostra (e forse come ogni epoca) ribadiamo anche noi, mentre scopriamo che, nel disfacimento dei valori più profondi, nel crollo delle nostre cattedrali (simboliche e non), siamo di fronte a un bivio: credere nell'uomo "assoluto artefice" del nulla, o credere nell'uomo che accoglie la grazia dell'incontro con sé, con l'altro, con Dio. Un incontro illuminante e illuminato tra due profeti del cristianesimo occidentale, capaci di andare oltre la loro epoca.