Del sapere ci si ricorda nel momento in cui si rischia di perderlo e lo si deve trasmettere. È un privilegio? Sì, ma per tutti. Una volta il sapere era quello delle origini, della nascita del mondo e degli dei, dell'eroismo dell'antichità; in seguito è diventato il sapere del futuro, e dell'utopia che ci attendeva domani. Oggi è solo il sapere del presente, che ci assedia e ci opprime. Passato e futuro vi sono confluiti e nel suo vortice anneghiamo, confondendo il sapere con la comunicazione. Ma questo libro non è un lamento sulla sapienza perduta. È una modesta domanda su che cosa sia il sapere oggi - all'epoca della cancel culture e della fine di ogni gerarchia tra chi sa e chi non sa - e su come lo possiamo trasmettere a chi verrà dopo di noi. Forse l'unico modo per tornare a farlo nostro è scendere dalla cattedra, e porsi tutti assieme le stesse domande.