Betti, pur essendo il massimo teorizzatore dell'«interpretazione» nel nostro Paese, ebbe la profonda amarezza di sentirsi «straniero in Patria». Ciò spiega l'originaria pubblicazione in tedesco di quest'opera, L'ermeneutica come metodica generale delle scienze dello spirito, che viene qui riedita corredata da un'ampia scelta di testi tratti dall'opera maggiore Teoria generale della interpretazione (1955). Betti, erede consapevole del realismo storico vichiano, polemizza con Heidegger, con Bultmann e con Gadamer perché - pur consapevole che il problema dell'interpretare è legato al problema del comprendere - intende il rapporto di comprensione non fondato sulla soggettiva ed esistenziale «attribuzione di significato», ma sui canoni e principi che salvaguardano sia il reale messaggio dell'autore/agente (scrittore, studioso, artista, agente storico, agente sociale ecc.) sia l'autonomia ermeneutica dell'oggetto in quanto risultato fattuale o prodotto spirituale storicamente determinato.