I saggi riuniti in questo volume riflettono sul solco che il pensiero fenomenologico ha tracciato sui saperi del Novecento: dall'umanesimo prometeico che procede dal riconoscimento della responsabilità epistemica del soggetto e dalle sue possibili derive, alla fiducia in un mondo che c'interpella e s'impone quale entità già strutturata, di cui non è possibile disporre a piacimento. Dopo aver dismesso ogni forma di naturalismo ingenuo e aver tratto consapevolezza delle secche del relativismo storicista, come lasciare emergere le configurazioni di significato che il mondo nutre già al suo interno? E soprattutto, come dire le cose stesse? Al di là di ogni facile postulato, fin dove si può pensare, cogliere ed esercitare l'indipendenza della mente dal vincolo degli orizzonti di senso che convenzionalmente chiamiamo cultura? A partire dal canone fenomenologico e da diverse prospettive disciplinari, gli autori riflettono su alcune delle questioni al centro non solo dei nostri modi quotidiani di essere al mondo con gli altri, ma anche delle pratiche attraverso cui diamo forma alle istituzioni, costruiamo realtà sociali e produciamo quel genere di sapere che configura una conoscenza scientifica del mondo sociale.