"Pellegrinaggio in Inghilterra" recita il sottotitolo. E di un viaggio solitario si tratta, d'estate e per lo più a piedi, nel Suffolk, dove Sebald visse sino all'ultimo: in uno spazio delimitato da mare, colline e qualche città costiera, attraverso grandi proprietà terriere in decadenza, ai margini dei campi di volo dai quali si alzavano i caccia britannici per bombardare la Germania. Viandante saturnino ("Nato sotto il segno del freddo pianeta Saturno" dice di sé nel poemetto Secondo natura), Sebald ci racconta - lungo dieci stazioni di un itinerario che è anche una via di fuga - gli incontri con interlocutori bizzarri, amici, oggetti che evocano le fasi di quella "storia naturale della distruzione" che scandisce il cammino umano e il susseguirsi degli eventi naturali. E ci racconta storie di altri vagabondaggi ed emigrazioni, di cui la sua vicenda personale è estrema eco: quelli di Michael Hamburger, poeta e traduttore di Hòlderlin, profugo anche lui dalla Germania; di Joseph Conrad, che nel Congo conosce la malinconia dell'emigrato e l'orrore per le tragedie del paese di tenebra; di Chateaubriand, esule in Inghilterra; di Edward Fitz-Gerald, eccentrico interprete della lirica persiana, che a bordo della sua piccola imbarcazione trascorre ore in coperta, con in dosso marsina e cilindro e un lungo, svolazzante boa di piume bianche intorno al collo. Pellegrinaggio e insieme labirinto, nella miglior tradizione sebaldiana.