Noi non moriamo per disgrazia, ma viviamo per miracolo, perché il male è una questione antropologica e non scientifica; tant'è che i processi biochimici ci dicono come ci si ammala, ma non perché ci si ammala. Per questo, prima dell'avvento della scienza, quando l'uomo non era portatore di una patologia, ma di una biografia, la malattia aveva un valore iniziatico, e non esisteva un capitale biologico da custodire come prolungamento quantitativo di esistenza. La medicina è nata prestigiosa, la medicina non è diventata scientifica, ma è nata scientifica, grazie ad un'operazione di empietà, come sarebbe avvenuto molto più tardi con il caso Copernico e il caso Charles Darwin. La medicina introduce un tempo lineare, progressivo, con un passato, un presente e un futuro: chiama il passato anamnesi, il presente terapia e il futuro prognosi, e così istituisce una struttura che diventa metafora della storia: la triade "malattia - cura - guarigione" soppianta il ciclo mitico e religioso di "male - redenzione - salvezza". La medicina diventa metafora del sapere. Ma se è vero che Non c'è pensiero scientifico senza rimozione, cosa ha rimosso la medicina?