Insegnamento e valutazione appartengono allo stesso insieme per cui l'insegnante è costretto a scegliere se essere docente a servizio degli interessi dell'alunno o funzionario, a beneficio del sistema. In altri termini, "In classe sono oppure io funziono?" Questo è il problema! Con la sua risposta, l'insegnante potrà verificare o meno la necessità e la fecondità della valutazione. Potrà farne esperienza o meno nella quotidianità, come miglioramento, spinta e sostegno alla riflessione critica, risorsa, esercizio del giudizio, dimensione dell'imparare e del comunicare. Potrà... se smaschera il "doppio", di cui parla Reboul da 40 anni, anche nelle sue versioni "buoniste". Se vive l'esperienza del riconoscere e attribuire valore a ciò che si fa, si dice ed accade in aula. E s'impegna a liberare la valutazione dalle ambizioni ingiustificate, dalle riduzioni dell'alunno e/o della disciplina, dal feticismo della misura e del voto, totem che monopolizza l'attenzione e l'interesse di tutti gli attori di valutazione (docenti, genitori, studenti), in particolare di questi ultimi, immersi in contesti di ansia e di competizione dannosi.