Il volume affronta la questione del linguaggio della pedagogia (del suo vocabolario, dei suoi enunciati, del suo discorso) e del suo rapporto con la prassi educativa. Ogni disciplina è caratterizzata da una propria terminologia e da proprie forme di discorso. La chiarezza e la precisione di queste componenti sono essenziali per la sua maturità epistemologica e per lo stesso rigore della ricerca. Rispetto a questi canoni, la situazione della pedagogia lascia però a desiderare. Il suo linguaggio attinge ampiamente dal linguaggio comune, e perciò difetta spesso di precisione, e il suo discorso inclina talvolta alla scarsa chiarezza. Questi limiti rendono incerta la capacità della pedagogia di orientare effettivamente la prassi educativa. D'altra parte, sviluppare un linguaggio specialistico può non essere la soluzione migliore, perché rischia di creare uno scarto fra la teoria pedagogica e la prassi educativa. Il volume affronta questi delicati problemi muovendo dall'ipotesi di un'analisi del linguaggio effettivamente usato nel discorso pedagogico, mettendo in atto operazioni di chiarificazione e di precisazione che ne possano migliorare il tenore. Il secondo Wittgenstein e il Gramsci del Quaderno n. 29 sono i principali riferimenti teorici per questo lavoro.