Lo scritto ripercorre le tappe della complessa vicenda giuridica legata all'impiego del captatore informatico nelle indagini penali interne e transnazionali. Partendo dal tortuoso iter legislativo atto a normare l'onnivoro strumento investigativo, la ricerca viene sviluppata lungo due direttrici: da un lato, l'Autrice affronta le problematiche che involgono il procedimento probatorio e, in particolare, la quaestio legata all'inquadramento giuridico delle attività esperibili a mezzo Trojan; dall'altro, prosegue soffermandosi sulle "nuove" investigazioni transfrontaliere condotte mediante le tecniche di remote forensics. Il fil rouge che lega l'intero percorso é rappresentato dalla scomposizione delle singole attività che il virus è capace di esperire sulla base di un criterio funzionale, verificando - per ciascuna opzione - la sussistenza di una copertura normativa interna/internazionale, costituzionale e convenzionale. La diagnosi di inutilizzabilità della prova per incostituzionalità e l'impossibilità di esperire indagini transnazionali mediante il malware in assenza di un'adeguata normativa di riferimento, rappresentano solo il punto di partenza per ulteriori spunti de jure condendo.