L'attuazione della Direttiva Shareholder Rights II, con il d.lgs. 10 maggio 2019, n. 49, è stata l'occasione per intervenire su regole e paradigmi normativi tesi a incoraggiare l'impegno a lungo termine degli azionisti, così da perseguire una possibile soluzione alle disfunzioni e alle patologie che si riscontrano nella governance delle società quotate. I temi affrontati dalla normativa, pur tra loro eterogenei, sono complessivamente giustapposti allo scopo di convergere verso la migliore efficacia del governo societario. In particolare, ci si orienta verso la necessità di una partecipazione attiva e consapevole degli azionisti, favorendo l'impegno di investitori istituzionali e asset manager. Al contempo, per assicurare un corretto esercizio del diritto di voto da parte della compagine azionaria, al riparo da eventuali conflitti di interesse, si introducono elevati standard di trasparenza anche per i proxy advisor, che su quel voto possono influire. Infine, si interviene su profili strettamente attinenti alla gestione operativa della società, quali le modalità di determinazione dei compensi degli amministratori e lo scrutinio delle operazioni con parti correlate, così da scongiurare abusi da parte del management che potrebbero incidere negativamente sulla redditività della società. Tema centrale torna, dunque, ad essere lo shareholder activism, secondo un approccio di partecipazione che, superando gli schemi tradizionali dell'"apatia razionale" dei soci, conduca verso migliori funzionalità e dialettica di governance che possano, in ultima istanza, aumentare l'efficienza del mercato.