Negli ultimi anni si è assistito ad un notevole sviluppo delle neuroscienze che, studiando il legame tra cervello e comportamento umano, hanno iniziato a portare contributi utili non solo in campo scientifico ma anche in campo giuridico. Il presente lavoro tratta innanzitutto delle neuroscienze forensi, che costituiscono quel determinato complesso di studi che forniscono dati scientifici rilevanti e significativi ai fini della valutazione giudiziaria. Una particolare attenzione è dedicata alle tecniche di neuroimaging e alle loro criticità rispetto alla perizia psichiatrica tradizionale. La ricerca si sviluppa analizzando i limiti concreti di applicabilità delle metodologie neuroscientifiche sul versante della valutazione dell'imputabilità e su quello, ancor più insidioso, della validazione delle dichiarazioni (mind reading). I progressi nel campo delle neuroscienze hanno riaperto il dibattito tra due posizioni filosofiche antitetiche: il libero arbitrio e il determinismo. Ci si interroga se l'essere umano sia libero di determinarsi e di compiere azioni di cui è responsabile oppure se, al contrario, il comportamento criminale sia determinato dai circuiti nervosi cerebrali o da particolari anomalie genetiche (c.d. "vulnerabilità genetica"). Le neuroscienze stanno cominciando, in tal modo, a far parte di quella dimensione in continua evoluzione che è costituita dalla prova scientifica nel processo penale. Di conseguenza, anche la valutazione della prova neuroscientifica deve essere condotta secondo i criteri stabiliti nella sentenza Daubert della Corte Suprema statunitense e recepiti, ormai, anche dalla Corte di Cassazione.