Con il tramontare del mito ottocentesco della signoria della volontà, si assiste ad una continua evoluzione del canone di buona fede e ad un progressivo sviluppo della legittimità dell'intervento giudiziario nell'ambito dell'autonomia negoziale. L'iniziativa adeguatrice del giudice, non piú in chiave eccezionale, bensí quale normale controllo sugli atti di autonomia privata, rispecchia la propugnata costituzionalizzazione dei rapporti di diritto privato, implicando un necessario bilanciamento tra il valore presidiato all'art. 41 e quello di solidarietà, di cui all'art. 2 Cost. L'indagine che si tenta di svolgere, attiene alla particolare relazione che intercorre tra la buona fede e il regolamento stabilito dalle parti per definire se - ed in quali termini - vi sia compatibilità tra l'autonomia dei privati e l'intervento regolamentare del giudice. Mediante un bilanciamento degli interessi sottesi all'atto negoziale, sarà possibile valutare la condotta delle parti e consentire alla buona fede di fare ingresso nel contratto quale regola di validità dello stesso, essendo il suo ruolo diretto a valutare se i comportamenti delle parti siano conformi alle prescrizioni negoziali.