Il volume raccoglie una serie di scritti che l'Autore, in un arco di tempo più che ventennale, ha dedicato al rapporto fra diritti fondamentali, legislazione e giurisdizione. Nella prima sezione del volume alla ricostruzione dei fondamenti dogmatici di tale complessa relazione si accompagna l'approfondimento delle ragioni teoriche che favoriscono il coinvolgimento del giudice nell'attività di elaborazione creativa del diritto e se ne misura la compatibilità con l'etica 'costituzionale' della funzione giudiziale. La seconda sezione ripercorre i rapporti fra giudizio sulle leggi e Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che, ponendosi in concorso libero e quindi in diretta concorrenza con le Costituzioni nazionali, si colloca in un rapporto di immanente tensione con il sindacato accentrato di legittimità costituzionale. Movendo da questa premessa ricostruttiva, sono illustrati i presupposti teorici e le ragioni di politica costituzionale sottostanti alle rilevanti novità giurisprudenziali degli ultimi anni, a partire dalla sentenza della Corte costituzionale n. 269 del 2017. Vi si argomenta la tesi - ripresa e sviluppata nella terza e ultima sezione del libro - che questi indirizzi interpretativi, lungi dall'essere segno di un antistorico sovranismo, si inquadrano in una più generale tendenza delle Corti costituzionali di molti Stati membri a irrigidire lo scrutinio sul diritto dell'Unione e ad allargare il ventaglio delle tecniche processuali attraverso le quali vengono in rilievo ipotesi di conflitto o di concorrenza fra disciplina interna e diritto dell'UE. Nella visione dell'Autore, questi interventi, al netto di talune eccezioni suprematiste, hanno una finalità costruttiva. Da un lato, infatti, sono diretti a fornire all'elaborazione dei diritti di conio europeo e convenzionale il contributo della specifica identità culturale nazionale; dall'altro mirano a preservare la caratura storico-concreta e quindi 'politica' dei diritti fondamentali dinanzi al rischio che essi, elaborati da Corti (CGUE e Corte EDU) sostanzialmente sottratte a forme istituzionalizzate di responsiveness, si emancipino dai processi deliberativo-discorsivi della democrazia.