Nel ridisegnare l'assetto organizzativo e funzionale dell'ANAC, il d.l. 24 giugno 2014, n. 90, ha dotato la "nuova" Autorità nazionale anticorruzione di uno specifico potere sanzionatorio onde consentirle di presidiare con maggiore efficacia l'obbligo di adozione del PTPC, del PTTI e del Codice di comportamento, ovvero dei principali strumenti di prevenzione della corruzione che concorrono ad implementare a livello decentrato gli indirizzi strategici formulati, a livello nazionale, dal Piano Nazionale Anticorruzione. Il presente contributo analizza l'elemento oggettivo della fattispecie sanzionatoria introdotta, a tal ne, dall'art. 19 del d.l. n. 90/2014, soffermandosi sugli aspetti che hanno rivelato nel tempo maggior interesse operativo. In tale prospettiva indaga, anzitutto, la natura giuridica dell'illecito amministrativo in esame e i riflessi che da questa discendono sul piano applicativo. Si sofferma, poi, nell'esame degli atti con i quali l'ANAC, nel corso degli anni, ha disegnato i confini della condotta sanzionata, rilevandone l'effetto ampliativo prodotto rispetto alla cornice applicativa tracciata dalla norma e il conseguente contrasto con il principio di legalità che governa anche il sistema sanzionatorio amministrativo. Dà conto, inoltre, della posizione assunta su tale aspetto dalla giurisprudenza, sulla scorta di un orientamento interpretativo che scuote le fondamenta della politica sanzionatoria fin qui seguita dall'ANAC, minando in radice l'impostazione ermeneutica posta a base della gran parte dei provvedimenti sanzionatori adottati in applicazione della disposizione esaminata. Analizza, infine, le ripercussioni che sull'ambito applicativo della norma sanzionatoria de qua derivano dal d.l. n. 80/2021, che ne ha espressamente fatto salva la vigenza anche nel nuovo scenario normativo che vede il PTCPT destinato a essere "assorbito" dal Piano integrato di attività e organizzazione (c.d. PIAO).