Tra le sfide principali che l'Unione europea si trova ad affrontare in questi primi anni del secolo in cui viviamo, l'integrazione nella società di nuovi individui è senza dubbio una delle più difficili e delle più ambiziose. La sfida posta non può essere raccolta se non attraverso una riflessione sul significato di "comunità politica", sulla sua estensione, sulle sue qualità: in altre parole, essa deve avere come chiave di lettura privilegiata quella della "cittadinanza". Il concetto è ancora oggi essenziale per comprendere e definire le modalità di appartenenza e partecipazione dei nuovi individui alle società che li accolgono. In questo senso, è strettissimo il legame che corre tra integrazione e cittadinanza. Tradotta nel diritto positivo, questa riflessione si esprime attraverso l'adozione di strumenti per regolare l'ingresso di nuovi membri nella comunità politica. È in questo quadro che la conoscenza della lingua sta diventando, specialmente negli ultimi anni, un requisito sempre più diffuso tra quelli previsti dalle norme che disciplinano l'acquisto della cittadinanza da parte degli immigrati. Sembra quindi utile analizzare, in chiave comparata, le legislazioni attualmente in vigore negli Stati membri dell'Unione europea. Il presente lavoro si articola, a tal fine, in due parti. Nella prima parte si definiscono i contorni della ricerca, dal punto di vista teorico e storico. L'importanza del rapporto tra lingua e cittadinanza verrà messo in luce attraverso l'analisi dei rapporti che legano lingua e nazione, da una parte, e nazione e cittadinanza, dall'altra. Successivamente si passerà all'esame delle diverse fasi storiche che hanno segnato la diffusione dei requisiti linguistici in un numero crescente di Paesi: da fenomeno limitato ai Paesi di tradizione giuridica anglosassone, esso si è presto esteso agli ordinamenti dell'America latina, per poi diffondersi, nella seconda metà del XX secolo, in molti Stati africani e asiatici di recente indipendenza e, alla fine del secolo, in Europa. Nella seconda parte si tratta con più attenzione proprio il contesto europeo. Dopo aver individuato i punti comuni alle normative in vigore nei diversi Paesi dell'Unione europea e aver definito tendenze e caratteristiche ricorrenti nell'utilizzo dei test linguistici, si passerà all'analisi più dettagliata di quelle che sono le differenze tra i vari ordinamenti, elaborando, a tal fine, una classificazione delle diverse soluzioni adottate dai 28 Paesi dell'Unione europea. I tre modelli proposti sono individuati alla luce del diverso rapporto tra integrazione e cittadinanza e del differente significato che la conoscenza della lingua può assumere in relazione a questo rapporto: un modello "selettivo", un modello "assimilativo" e un modello "multiculturale". Chiuderà questa parte l'analisi degli ordinamenti che non prevedono requisiti linguistici nelle norme che regolano l'acquisto della cittadinanza, con particolare attenzione all'esperienza italiana e alle proposte di modifica della normativa in vigore.