Il volume dà atto dei numerosi interventi che il legislatore ha operato sul processo d'appello: a volte ha percorso la via della riduzione degli "arrivi", cioè del numero dei procedimenti sottoposti allo scrutinio dei giudici del gravame, riformulando l'art. 342 c.p.c., nel senso di consentire all'appellante di dolersi soltanto dell'erronea ricostruzione del fatto operata dal primo giudice, ovvero di specifiche violazioni di legge; aumentando in via generale il contributo unificato; sanzionando pecuniarmente le istanze di inibitoria inammissibili o manifestamente infondate; sospingendo ancora una volta il processo sotto l'incubo fiscale come nel caso del raddoppio, ex post, del contributo unificato per l'appellante, anche incidentale, la cui impugnazione venga integralmente respinta o dichiarata inammissibile o improcedibile (l'art. 1.17, della legge di stabilità 2013); altre volte ha tentato di favorire un aumento della produttività, sia attraverso l'estensione all'appello del modulo disciplinato dall'art. 281-sexies c.p.c., sia attraverso il meccanismo del cosiddetto "filtro" (che, nel divisato intendimento, dovrebbe comportare un incremento netto del numero dei procedimenti definiti), sia mediante l'ulteriore restringimento dell'ambito di ammissibilità dei nova in appello, con l'esclusione delle prove indispensabili. L'opera offre un'analisi complessiva del funzionamento del giudizio di appello con l'occhio rivolto al loro inquadramento teorico.