L'emergenza climatica segna un'esperienza inedita nel campo delle attività e delle regolazioni umane. La situazione di pericolo degenerativo, che essa manifesta, impone di interrogarsi in tutti i settori del diritto, incluso quello delle pubbliche amministrazioni e delle agenzie amministrative. Con questa consapevolezza, il lavoro prova a interrogarsi su come i costrutti dell'azione amministrativa (legalità, interesse pubblico, doveri di motivazione, conoscenza dei fatti, buona fede ecc.), con i relativi parametri di legittimità, si riposizionino nel quadro degli obblighi e delle prestazioni positive, assunte dallo Stato italiano per contrastare il preoccupante fenomeno. Quelle climatiche, infatti, sono condizioni fattuali che non possono non riempire di contenuto gli obblighi e doveri anche della pubblica amministrazione, a maggior ragione ora che la riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione richiede all'intera Repubblica di farsi carico degli interessi intergenerazionali, dentro un quadro di vincoli normativi, sia di prestazione (come la mitigazione climatica) che di risultato (come il rispetto delle soglie di aumento della temperatura globale), che vanno dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite (1992) all'Accordo di Parigi sul clima (2015) alle fonti europee del Green Deal, tutte convergenti nel riconoscere la gravità della situazione, documentata, con il consenso esplicito degli Stati, dall'IPCC. Pertanto, l'agire amministrativo - in quanto forma qualificata di convivenza sociale e politica - assurge a osservatorio privilegiato di conoscenza delle sfide che qualsiasi decisione pubblica, sia procedimentale che processuale, è chiamata ad affrontare.