La disciplina della prova del DNA, sviluppatasi dalla problematica dei prelievi ematici coattivi, è al centro della riflessione dottrinale nonché oggetto di un vivace dibattito pratico-operativo. Le applicazioni della genetica in ambito forense hanno suscitato l'interesse non soltanto degli ambienti accademici, scientifici e politici, ma anche del grande pubblico per effetto sia dell'amplificazione mediatica delle investigazioni scientifiche, sia delle suggestioni provenienti da altri ordinamenti giuridici. Il volume evidenzia i princìpi di riferimento della materia, enucleati dalla giurisprudenza costituzionale ed europea, al fine di vagliare la congruità del modello normativo dell'accertamento genetico rispetto alla necessità di equilibrio tra sicurezza e libertà. Lo studio prosegue analizzando il dato positivo, frutto della combinazione di tre elementi: interventi legislativi, elaborazione giurisprudenziale, provvedimenti amministrativi di attuazione. L'attenzione al profilo giuridico della materia, pur predominante, è affiancata dalla considerazione di aspetti tecnico-scientifici strettamente funzionali ad una migliore interpretazione della disciplina vigente. L'analisi poi si sofferma su risvolti problematici e su criticità strutturali connessi all'accertamento genetico in quanto species di prova scientifica, abbracciando la formazione della prova del DNA nelle varie fasi del procedimento penale. Infine, si esamina l'articolata relazione tra procedimento penale e Banca dati nazionale del DNA. Sullo sfondo si pone il complesso rapporto tra progresso tecnico-scientifico, ricostruzione del fatto storico e diritti dell'individuo. Accanto alla tradizionale riflessione degli studiosi sta delineandosi la nuova esigenza di assicurare l'attendibilità del dato genetico ai fini dell'utilizzabilità nel processo penale e della cooperazione internazionale contro il crimine.