Per quanto non sia negabile che si siano fatte strada vicende capaci di realizzare una successione anticipata rispetto alla morte del soggetto disponente, si apprezza l'insostituibilità dello strumento testamentario e si valorizza l'ampia autonomia dall'ordinamento concessa al privato nella definizione del contenuto di detto strumento. Il testamento, atto di ultima volontà, normalmente regge disposizioni mortis causa, ma, così come disposizioni di tale ultima fatta possono essere veicolate con un atto diverso da quello testamentario, possono essere strutturate attraverso il testamento disposizioni non mortis causa. Sono rilevabili disposizioni mortis causa non testamentarie e disposizioni mortis causa indirette, per le quali ci si dovrebbe porre il problema della disciplina applicabile e non già quello di validità o invalidità in relazione al presunto intento del soggetto autore delle stesse. Allo stesso modo possono essere enucleate disposizioni che, contenute nel testamento, pur con efficacia legata alla morte del loro autore, non sono disposizioni mortis causa e per le quali dovrebbe trovare applicazione la relativa disciplina, fatta salva la possibilità di valutare eventuali interferenze normative dipendenti e dal particolare mezzo utilizzato e dalla sovrapposizione dei piani qualora la singola vicenda dovesse essere comunque supportata da una funzionalità successoria. In questo quadro, soppesata la forza regolamentare dell'ultima volontà, stimato il testamento come veicolo multiplo e funzionalmente polivalente non necessariamente specie della categoria (di genere) costituita dall'atto mortis causa, si afferma la capacità del noto strumento, di là da quanto specificatamente previsto nei dati normativi, di supportare, organizzandole, destinazioni patrimoniali e di programmare la conclusione di contratti, pure volti alla nascita di enti, senza l'utilizzazione strumentale del diritto di credito.